BELGRADO
LA DOLCE VITA(Italia, 1960)Regia di Federico FelliniGenere: drammatico; durata:174’; bianco e neroLingua: italiano con sottotitoli in serbo;con: Anouk Aimée, Lex Barker, Laura Betti, Adriano Celentano, Valeria Ciangottini, Alain Cuny, Anita Ekberg, Yvonne Furneaux, Riccardo Garrone, Nadia Gray, Giuliana Lojodice, Marcello Mastroianni, Nico, Annibale Ninchi, Magali Noel, Liana Orfei, Umberto Orsini, Polidor, Walter Santesso, Jacques Sernas, Giò Stajano“(…) non è vero…che Fellini mi ha scoperta, mi ha fatta diventare famosa: diciamo invece che io ho fatto diventare famoso, almeno internazionalmente, Fellini” (Anita Ekberg, intervista al Resto del Carlino, 24 ottobre 2003)L’Italia benpensante della fine degli anni Cinquanta viene scossa nelle sue convinzioni da un film che fu subito scandalo e capolavoro al tempo stesso, “La dolce vita” di Federico Fellini, ritratto impietoso di una società frivola, amorale e in fondo disperata, in cui si muovono figure grottesche, esagerate nella loro caratterizzazione, ma al tempo stesso riconoscibili nella loro vacillante umanità.E fra queste figure spicca la maestosa e innocente bellezza di una prosperosa ragazza svedese, Anita Ekberg, che, dopo una fortunata carriera hollywoodiana, coronata dal Premio come miglior attrice emergente ai Golden Globes del 1956, arriva in Italia nel 1958 per girare “Nel segno di Roma”, film con pretese storiche diretto da Guido Brignone e da un giovane Michelangelo Antonioni. Nei panni dell’ambiziosa e sfortunata Zenobia, regina di Palmira, la Ekberg non passa inosservata, ma è soltanto l’anno seguente, quando Fellini le offre una parte nel suo nuovo film, “La dolce vita”, che l’attrice diventa popolarissima in Italia e nel resto del mondo.La fortuna del film molto deve anche alle indimenticabili sequenze del bagno notturno nella Fontana di Trevi, con una Ekberg, libera e felice nella propria femminilità, che turba non solo Marcello Mastroianni, ma una gran parte del pubblico maschile italiano e scandalizza i numerosi moralisti dell’Italia democristiana ancora lontana dai rivolgimenti sociali degli anni Sessanta e Settanta. Fellini, consapevole del potenziale erotico dell’attrice, che combina candore e sensualità istintiva, la fascia con abiti scuri, la traveste persino da ecclesiastico, facendo risaltare per contrasto tutta la bellezza emanata da quella che per tutti gli Italiani divenne da allora in poi Anitona, incarnazione perfetta dell’amante spregiudicata e della madre rassicurante, sempre presente nei sogni del maschio latino.